venerdì 26 marzo 2021

La Lupa Capitolina

A Roma se dice…….“me pari la lupa der Campidojo” vediamo insieme il perché……e cos’è per Roma la Lupa tra leggenda, storia e arte.


La Lupa capitolina è una scultura di bronzo, custodita nei Musei Capitolini nella Stanza della Lupa dal 1586, a dimensioni naturali, rappresenta una lupa che allatta una coppia di piccoli gemelli, che rappresentano come dice la leggenda i fondatori della città, Romolo e Remo. La lupa è poggiata sulle quattro zampe e volge la testa di lato verso la sua sinistra, richiama forse il destino di grandezza dell’impero romano.


Viene tradizionalmente considerata di epoca etrusca del V secolo, e che si trovi a Roma sin dall'antichità. In origine non aveva probabilmente niente a che fare con la leggenda delle origini di Roma, ma recentemente alcune ricerche hanno dimostrato che questa potrebbe essere fatta risalire al tardo Medioevo.

I due gemelli Romolo e Remo furono realizzati e posizionati solo successivamente nel 1471, forse da Antonio del Pollaiolo.

La scultura è arrivata ad oggi, ben conservata, superando periodi impervi, dalle invasioni barbariche fino ad un fulmine che la colpì nel 65 a.C. e che le danneggiò le due zampe posteriori e sbriciolò i due gemelli che vennero scolpiti di nuovo secoli dopo.

Per i romani le statue colpite dai fulmini diventavano sacre e non si potevano più vedere. La lupa venne quindi nascosta dentro il Campidoglio, e fu per questo che sopravvisse alle invasioni barbariche e all'incuria del Medioevo.


Una copia della Lupa è in una sala del palazzo Montecitorio, ed un'altra copia è all'aperto posta su una colonna a sinistra del palazzo Senatorio in Campidoglio.


Secondo il mito, la vestale Rea Silvia venne fecondata dal dio Marte e partorì due gemelli, Romolo e Remo. Il nonno dei gemelli, Numitore, fu scacciato dal trono di Alba Longa dal fratello Amulio. Per evitare che i nipoti, diventati adulti, potessero rivendicare il trono usurpato, Amulio ordinò che fossero gettati nel Tevere in una cesta.

Questa cesta si incagliò sul fiume alle pendici di un colle, presso un albero di fico, chiamato fico ruminale divenuto poi sacro ai Romani, posto sul greto del fiume, nella vallata dove oggi c'è la chiesa di Sant'Anastasia, ed una lupa scendendo dalle alture sentì il vagito dei due bambini e si prese cura di loro finchè non vennero trovati dal pastore Faustolo.

A quel punto la Lupa se ne andò verso un bosco che si credeva sacro al dio Fauno dove vi era una sorgente si nascose all'interno di una grotta, chiamata poi Lupercale (si trovava ai piedi del Palatino. Dionigi di Alicarnasso la descrive grande, pietrosa, ricoperta di querce, con una fonte d'acqua sul fondo).


Faustolo li portò a casa e li affidò alla moglie Acca Larentia perchè li allevasse.

Il termine "lupa" in latino aveva anche il significato di prostituta, e pertanto la vestale Rea Silvia per essersi congiunta al dio Marte era stata degradata dal suo rango sociale.

Infatti nell’antica Roma il lupanare era la casa di prostituzione di infimo ordine, il bordello, luogo di corruzione). E ve ne erano molti nella città, una zona particolarmente malfamata era la Suburra.
Secondo alcuni studiosi il mito della lupa con i due gemelli, Romolo e Remo, fu ideato per simboleggiare l'unione di due popoli i Sabini ed i Latini.

Alla Lupa è dedicata a Roma la via della Lupa nel Rione Campo Marzio.

Dalla trasmissione “la grande bellezza “ ho scoperto una curiosa storia moderna della Lupa.

Un tempo nel giardino a sinistra delle pendici del colle Campidoglio Rupe Tarpea dagli anni venti e fino al 1960 vi era una lupa messa all'interno di una gabbia stretta e umida.


Venne tolta durante la Seconda Guerra Mondiale, e dopo la fine del conflitto vennero posti due animali una lupa ed un lupo.


Il 28 agosto 1872 il Consiglio Comunale di Roma, presieduto dal Sindaco Pietro Venturi, deliberò di collocare sul Campidoglio “in un apposito casotto una lupa vivente come emblema di Roma”,

stabilendo persino le spese per il suo mantenimento, 23.50 lire al mese. Fu assunto anche un custode che aveva dimora poco distante. I resti della “casa del Luparo” si vedono ancora all’altezza di via Monte Caprino.

La faccenda aveva però un precedente. Già all’inizio del Quattrocento, infatti, sul Campidoglio era tenuto un esemplare di leone, al tempo il simbolo della città. La cosa durò poco, fino a una domenica mattina del 1414, quando la belva riuscì a trovare la libertà, uccidendo o mutilando diversi bambini.

La Lupa diventò subito un’attrattiva, soprattutto per i più piccoli, che si fermavano a osservarlo camminare avanti e indietro nel piccolo spazio. Il suo comportamento è all’origine del modo di dire “me pari la lupa der Campidojo”, con cui a Roma si apostrofa una persona inquieta, che non riesce a stare ferma.

Nel 1935, come testimonia una copertina illustrata della Domenica del Corriere, la lupa venne temporaneamente spostata dalla vecchia gabbia lungo la scalinata del Campidoglio a una nuova, ai piedi della Rupe Tarpea.

Era stata pure attrezzata una gabbia per l’altro simbolo di Roma, l’aquila.

Foto Istituto Luce

Il fatto fu ricordato con la consueta sottigliezza in una poesia di Trilussa:

“L'antra matina l'Aquila romana, / che ce ricorda, chiusa ne la gabbia, / le vittorie d'un'epoca lontana, / disse a la Lupa: — Scusa, / ma a te nun te fa rabbia / de sta' sempre rinchiusa? / Io, francamente, nu' ne posso più! / Quanno volavo io! Vedevo er monno! / M'avvicinavo ar sole! Invece, adesso, / così incastrata come m'hanno messo, / che voi che veda? l'ossa de tu' nonno? / Quanno provo a volà trovo un intoppo, / più su d'un metro nun arivo mai... — / La Lupa disse: — È un volo basso assai, / ma pe' l'idee moderne è puro troppo! / È mejo che t'accucci e stai tranquilla...” Ma dopo questa risposta piena di saggezza, anche la lupa non poteva fare a meno di deplorare il suo stato miserevole: “Noj antri? Semo bestie da cortile. / Pur'io, va' là, ciò fatto un ber guadagno / a fa' da balia a Romolo! Accicoria! / Se avessi da rifà la stessa storia / invece d'allattallo me lo magno!”.

Con il passare del tempo, i cittadini prendevano sempre più coscienza delle condizioni pietose in cui vivevano questi animali, la gabbia fu un po’ allargata e resa più confortevole. L’ usanza terminò qualche anno più tardi. Resta la gabbia, vuota.

Grazie della lettura :-)

Marzia e Tony

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